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lunedì 14 marzo 2011

7^ RIUNIONE 2011

Il giorno 11 marzo 2011 alle ore 18,00 si è tenuta presso la Biblioteca Civica C. Arzelà la consueta riunione mensile del Club dei Lettori, in tale occasione i partecipanti hanno espresso opinioni in merito al romanzo "Un giorno questo dolore ti sarà utile" di Peter Cameron. I lettori hanno individuato come elemento preponderante del romanzo una forte sensibilità che condiziona il protagonista fino a divenire un vero e proprio handicap. A proposito della sensibilità che compromette e determina scelte di vita e comportamenti è stato fatto notare come il protagonista possa essere facilmente paragonato ad un novello Woody Allen "prima maniera". Dalla lettura del testo emege altresì la complessità di una situazione famigliare che ha come sfondo una società americana dominata dal capitalismo, dall'assenza di valori e dalla mancanza di comunicazione. La totale assenza di un tessuto sociale porta il protagonista a ritrovarsi completamente spaesato, senza punti di riferimento fatta eccezione per la figura femminile che quasi sembra trovare la propria salvezza grazie alla spiccata sensibilità del ragazzo. Il prossimo incontro con "Fontamara" di Ignazio Silone si svolgerà Giovedì 14 aprile alle ore 18,00.

BIOGRAFIA DI IGNAZIO SILONE


Ignazio Silone è lo pseudonimo di Secondo Tranquilli (Pescina dei Marsi, L'Aquila), 1 maggio 1900 - Ginevra, 22 agosto 1978) è stato uno scrittore e uomo politico italiano.Dopo la prima guerra mondiale, visse a Roma i suoi primi fermenti politici entrando a far parte del movimento socialista giovanile. Nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano; e per conto del partito eseguì molte missioni politiche e viaggiò molto in Europa, spesso non riuscendo neanche all'estero a evitare le stesse attenzioni negative usuali del regime fascista.In compagnia di Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti si recò anche a Mosca per le sedute del Comitato Esecutivo dell' Internazionale Comunista. Sempre più conscio dell'ambiguità di Stalin, lasciò il Partito Comunista nel 1930 a seguito del distacco dalla figura del russo, da lui riconosciuto più come dittatore che come leader del comunismo.Esule per il suo antifascismo, dalla Svizzera condusse una forte attività politica contro i totalitarismi.Nel 1945 tornò in Italia e continuò la sua politica in senso socialista, aderendo al Partito Socialista Italiano, fino al 1951, anno in cui abbandonò del tutto la politica di partito per darsi esclusivamente alla cultura.La sua produzione è composta prevalentemente di saggi politici e filosofici, negli anni precedenti la guerra, e di romanzi e opere teatrali a sfondo sociale.Innumerevoli le sue collaborazioni a giornali e riviste; di alcune testate fu anche fondatore e direttore.

FONTAMARA

Il romanzo narra la storia di un vecchio paese della Marsica, Fontamara, più arretrato e misero degli altri. Esso rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica poiché nessuno pagava e si riabituò al chiaro di luna.
Il giorno dopo, all'alba, le mogli dei contadini si accorsero che un gruppo di operai lavorava per deviare il corso d'acqua con la quale i Fontamaresi irrigavano i campi. Subito i "cafoni" pensarono a una burla, poi le donne andarono verso il capoluogo per parlare col sindaco, ma furono derise dalle guardie.
I carabinieri le accompagnarono poi a casa del podestà appena eletto, l'Impresario. Dopo varie discussioni il segretario del comune decise che tre quarti dell'acqua dovessero andare all'impresario e i tre quarti del rimanente ai Fontamaresi, spiegando come si trattasse di una decisione equa che garantiva a tutti la stessa quantità d'acqua: tre quarti, "cioè un po' più della metà". I cantonieri ripresero i lavori.
Berardo Viola decise di partire e far fortuna in America, ma non poté riuscirci a causa di una nuova legge. Trovò lavoro da bracciante fuori da Fontamara e faticava parecchio.
I rappresentanti dei cafoni della Marsica dovevano essere convocati ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo di Roma sulla questione del Fucino.
Un giorno arrivò a Fontamara un camion che, gratis, portava i cafoni ad Avezzano. Salirono tutti sul camion, furono condotti in una grande piazza e successivamente dovettero gridare inni ai podestà mentre la piazza era attraversata da un'automobile, poi potevano tornare a casa.
Intanto nel paese arrivarono dei camion con i militari fascisti che, fatta rincasare la popolazione, portarono via tutte le armi, violentarono le donne, uscirono in piazza e chiesero agli uomini che tornavano dal lavoro circa il Governo, ma nessuno diede risposte soddisfacenti.
I Fontamaresi decisero di chiedere consiglio a Don Circostanza affinché egli trovasse un'occupazione in città per il povero Berardo.
I cantonieri finirono di scavare il nuovo letto per il ruscello e giunse l'ora della spartizione dell'acqua; i Fontamaresi videro che il livello dell'acqua destinata a loro scendeva sempre di più e capirono che sotto vi era l'inganno.
Berardo decise così di partire l'indomani, ma la sua avventura fu sfortunata perché tra tasse, avvocati e inghippi vari rimase senza soldi, senza lavoro e venne incarcerato poiché sospettato di essere il Solito Sconosciuto, un tale che cospirava contro il sistema attraverso la stampa clandestina. Nonostante Berardo fosse innocente, decise di addossarsi la colpa per permettere al vero Solito Sconosciuto di continuare la sua azione di propaganda. Si suiciderà pochi giorni dopo.
La storia giunse a Fontamara e i suoi abitanti decisero di scrivere allora un giornale con gli appunti lasciati dal Solito Sconosciuto e fu intitolato "Che fare?". L'autore e altri cafoni andarono a distribuirlo negli altri paesi, ma mentre tornavano a Fontamara udirono degli spari. Era la guerra a Fontamara, chi aveva potuto era scappato, gli altri erano morti. Il narratore, il figlio e i pochi cafoni che erano con loro si salvarono nascondendosi nei campi. Non ebbero più notizie di nessuno del paese e vissero all'estero grazie all'aiuto del Solito Sconosciuto, ma non poterono restarci. Dopo tante pene, lutti, ingiustizie, odio, i cafoni superstiti si chiedono sempre: "Che fare?".