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lunedì 12 ottobre 2009

Chacòn, Dulce

Scrittrice impegnata, narratrice, poetessa e drammaturga, Dulce Chacòn nasce a Zafra il 3 Giugno del 1954 da una famiglia aristocratica, storicamente conservatrice, di destra, e da subito si rivela molto legata agli ideali progressisti, in ampio contrasto con l’impronta familiare (“Sono cresciuta sentendo solo una versione sulla guerra”, diceva, “Sapevo che c’era un’altra parte della storia”).

Impegnata nel sociale, si è, ad esempio, battuta per i diritti delle donne che patirono la carcerazione nel periodo della repressione franchista, si è apertamente schierata nel 2003 contro la guerra in Iraq, dove si recò personalmente con altri esponenti della cultura progressista spagnola e qui collaborò con alcune associazioni per la difesa dei diritti umani; da sempre attenta all’educazione dei giovani, era profondamente convinta del ruolo fondamentale della cultura come guida degli adolescenti nel loro diventare Uomini, si preoccupava di far accendere in loro l’amore per la letteratura, non applicando i metodi coercitivi scolastici.

Durante la sua giovinezza conobbe Paul Celain, Rainer Maria Rilke, César Vallejo e José Angel Valente, autori che hanno influito profondamente sul suo stile personale.

Tra i suoi romanzi "Algún amor que no mate", "Blanca vuela mañana", "Háblame, musa, de aquel varón", "Cielos de barro" e "La voz dormida" (Le ragazze di Ventas), nominato libro dell'anno in Spagna; per dar vita a questa sua ultima opera la Chacòn ha viaggiato per circa quattro anni per tutta la Spagna, raccogliendo quelle storie che poi andranno a comporre questo monumento alla Verità. In un articolo che ha scritto per El Pais, Dulce Chacón raccontò come, in una soffocante giornata d’Agosto, una delle donne da lei intervistate, di circa ottant’anni, chiuse la finestra per paura che la sua confessione potesse essere ascoltata. Parlò sussurrando tutto il tempo.

Nell’ottobre del 2003 le venne diagnosticato un cancro ormai in stato avanzato, e nel dicembre dello stesso anno si spense lasciando un vuoto culturale incolmabile.

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